Varazze, 8 Novembre 1961. Gino Alquati, il più noto armatore di 5.50 in perenne battaglia con il suo grande avversario Max Oberti, varca la soglia dei Cantieri Navali Baglietto con in mano un disegno di Giulio Cesare Carcano. Arriva a Varazze direttamente dallo studio del progettista a Mandello sul Lario. In quel periodo Carcano è sulla cresta dell’onda come disegnatore di classi metriche. Gianni Agnelli gli ha appena proposto di intraprendere l’avventura di Coppa America e sa che l’estate successiva partirà con lui e Beppe Croce per vedere le finali fra Gretel e Weatherly. Ma ad Alquati non può dire di no: l’armatore ha già vinto tre Centomiglia con il suo 6 M ed è stato armatore di un 5 M e tre 5.50, tutti usciti dal Cantiere Baglietto. E come Alquati gli chiede, disegna per lui una barca estrema.
Nella primavera del ’62, la barca è pronta e Alquati forma un equipaggio di grandi esperti con al timone Pino Canessa, una leggenda nei 5.50 con un oro olimpico in tasca. Iniziano i successi: Violetta VI vince nella sua classe la Centomiglia del Garda e arriva seconda assoluta.
Ma il sogno di Alquati è vincere la Coppa d’Italia. Il suo rivale Oberti l’ha già vinta quattro volte, lui ci ha provato tante volte senza mai riuscirci. Sa che con questa barca può entrare nella storia. Fino agli anni 60, la Coppa d’Italia era un trofeo equivalente ad un mondiale. Il trofeo era nato nei primi del secolo e si era disputato fino alla seconda guerra mondiale sugli 8 M e poi dal 1950 sui 5.50. Barche di ogni paese si sfidavano e il vincitore si portava via la Coppa e il diritto di disputarla nelle acque di casa. Violetta VI vince: Pino Canessa quell’anno è imbattibile, la barca velocissima, i fiocchi di Ratsey impeccabili, la randa di Kenny Watts un’ala.
Violetta VI è stata per 35 anni l’ultima barca italiana a vincere il Trofeo; la Coppa è tornata in Italia solo nel 1997.
Altre regate, altre vittorie, poi piano piano le tracce si perdono, i documenti si fanno più rari. Sono gli anni del boom della vetroresina, per Violetta VI c’è sempre meno posto nei porticcioli del Garda.
Nel 1983 viene lasciata al Cantiere Pezzini e dimenticata. E’ grazie all’amore e professionalità di questo cantiere che la nuova vita di Violetta VI riprende nel 2002.
Racconta Alessandro Baldi: “Cominciammo a togliere venti anni di accumulo di polvere e ragnatele, trovammo uno scatolone con tutta l’attrezzatura mangiata dall’ossido e un albero appeso ad un soffitto da tempo immemorabile. E’ iniziato così un nuovo ciclo: togliere il bulbo, ispezionare, riparare, ricromare, ricostruire, rimontare. Ma sopratutto studiare, cercare negli archivi, scrivere ai circoli velici, ai giornali. Ripensare a come era la barca in origine fino ad andare a ritrovare i fori vecchi delle viti in coperta, rimetterci sopra i pezzi, lisciare, ricostruire”. Due anni di restauro che hanno visto rinascere una barca costruita per vincere. Il fasciame è in cedro del libano con ordinate di frassino. Albero, boma e tangone sono di spruce. L’attrezzatura di coperta è in gran parte composta da pezzi unici di fusione. Le vele sono state realizzate a Cowes da Ratsey & Lapthorn e in Massachussets da Kenneth Watts. La barca regata ancora con le sue vele originali.
Al suo varo all’Argentario nel 2004, Violetta VI torna in acqua dopo quasi 25 anni. Doug Peterson, che per una curiosa coincidenza è presente con Olin Stephens, commenta: “Carcano is a genious”. Progettista della Moto Guzzi e creatore di motociclette mitiche come il Falcone e la V7, Giulio Cesare Carcano ha disegnato 5.50 Stazza Internazionale che hanno fatto la storia di questa classe, nella quale ha regatato per molti anni giungendo terzo ai Mondiali. Ci ha lasciati nel settembre 2005 all’età di 94 anni.